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Perché serve studiare, sempre

Con una estenuante e deleteria continuità, si ripetono affermazioni e articoli stravaganti secondo i quali non serve studiare, la laurea è inutile, comunque non si trova lavoro o in ogni caso si è sottopagati. Lo dico in modo forte e netto: sono affermazioni irresponsabili che devono essere in tutti i modi contrastate. Non perché non esistano problemi, ma perché non si può rispondere ai problemi peggiorandoli, per di più a scapito delle generazioni future.

Davide Mancino, in una serie di articoli che vi invito a leggere, ha puntigliosamente mostrato le dinamiche dell’occupazione in relazione a titoli di studio, discipline, aree geografiche, livelli salariali.

Provo a riassumere i punti salienti evidenziati in questi articoli (e dai numeri).

Più studi, più è facile trovare lavoro.Più studi, più guadagni.Più studi, più cresci come persona e non solo professionalmente.Da noi in generale si guadagna meno che in altre nazioni.La situazione è molto migliore al Nord e degrada via via che si scende al Sud.Nel nostro Paese c’è uno squilibrio tra richieste del mercato del lavoro e scelte di studio degli studenti (skill gap). Per esempio, le aziende hanno bisogno di ingegneri, informatici, economisti e il sistema formativo ne produce troppo pochi. All’opposto, abbiamo fin troppi laureati in altre discipline umanistiche e giuridiche.Gli studenti delle nostre migliori università non hanno alcun problema nel trovare lavoro a livello internazionale.Certamente le imprese italiane non valorizzano come dovrebbero i nostri laureati e ciò le penalizza fortemente.

A ciò si aggiunge il dato drammatico che vede il nostro Paese in fondo alla classifica europea come percentuale di laureati sul totale della popolazione.

Questi sono i dati e questa è la sintesi della situazione del Paese che non può essere reinterpretata o cambiata sulla base delle singole esperienze personali. Semmai, c’è da chiedersi quali politiche siano necessarie per rendere più consapevoli i giovani delle caratteristiche del mercato del lavoro e per stimolare e aiutare le imprese a valorizzare come dovrebbero i nostri giovani.

Certamente, come sottolinea Davide Mancino nei suoi articoli, vi sono fasce della popolazione per le quali i costi complessivi da sostenere (sia diretti che indiretti) per accedere agli studi universitari sono troppo alti, così come è vero che per molti giovani i vantaggi economici e professionali si manifestano dopo alcuni anni dalla laurea, rendendo quindi “l’investimento” in istruzione non immediatamente apprezzabile nel breve periodo. Tutto ciò richiede un rafforzamento delle politiche per il diritto allo studio e un miglioramento complessivo del mercato del lavoro. Ma in nessun caso questi problemi possono e devono sovvertire il dato di fondo: studiare è utile, anzi indispensabile. Tutto il resto è solo un danno enorme che facciamo ai nostri giovani e al nostro Paese.

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